Le conseguenze della Prima Guerra Mondiale che portano alla nascita dei Fasci di Combattimento

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  1. giovani nazionalisti
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    La storia dell'Italia Fascista (richiamata anche con le espressioni ventennio fascista o semplicemente ventennio) comprende quel periodo storico italiano che va dalla presa del potere di Benito Mussolini, datata 30 ottobre 1922, sino al 25 luglio 1943.
    All'indomani della Grande Guerra l'Italia si trovò in una situazione economica, politica e sociale precaria e difficile. Il drammatico conto presentato dalla guerra in termini di perdite umane fu pesantissimo, con oltre 650.000 caduti e circa un milione e mezzo tra mutilati, feriti e dispersi, senza contare le distruzioni occorse nel Nord-Est del Paese, divenuto fronte bellico, con il dislocamento e, sovente, la perdita della casa di ogni bene da parte di centinaia di migliaia di profughi che erano fuggite dalle loro case trovatesi nel mezzo di assalti e bombardamenti.Il sorgere del Regno di Jugoslavia alle frontiere orientali pose una pesante e decisiva pietra tombale sui sogni di riunificazione nazionale italiana, con l'acquisizione dei territori promessi ed inclusi nel Patto di Londra: gli altri Alleati si erano appoggiati alle proposte del presidente USA Woodrow Wilson per assegnare al Regno di Jugoslavia stesso la Dalmazia, Fiume e l'Istria Orientale. La città di Fiume - dal canto suo - aveva espresso fin dagli ultimi fuochi della guerra la volontà di essere riunita all'Italia.
    L'Italia dipendeva in gran parte dalle importazioni oltremare di grano e carbone ed aveva contratto pesantissimi debiti con gli Stati Uniti. Le casse statali erano quasi vuote anche perché la lira durante il conflitto aveva perso buona parte del suo valore, con un costo della vita aumentato di almeno il 450%.
    In breve, inoltre, l'Italia si trovò ad affrontare il problema dell'assorbimento di centinaia di migliaia di disoccupati dell'industria di guerra e di milioni di soldati smobilitati. Molte delle promesse fatte durante la guerra a costoro non furono rispettate, provocando malcontento e delusione.In un primo momento ciò provocò un'importante crescita di partiti e movimenti di sinistra, in particolar modo del Partito Socialista Italiano, la cui componente minoritaria rivoluzionaria era galvanizzata dal successo della Rivoluzione russa.
    Immediatamente prima della fine del conflitto mondiale, Benito Mussolini, uno degli esponenti più importanti dell'Interventismo, agì cercando varie sponde per dar vita ad un movimento che imprimesse alla guerra una svolta rivoluzionaria. Dagli strati sociali più scontenti e soggetti alle suggestioni della propaganda nazionalista che, a seguito dei trattati di pace, si infiammò ed alimentò il mito della Vittoria mutilata, emersero organizzazioni di reduci e, in particolare, quelle che raccoglievano gli ex-arditi. Quest'ultime, riconosciute subito dai comandi militari come fonte di turbolenza politica, furono sciolte e i membri congedati, restituendo alla vita civile decine di migliaia di ex soldati agguerriti e portatori di un'ideologia aggressiva, violenta e gerarchizzante. La frustrazione per questa situazione fu terreno fertile per la fondazione il 23 marzo 1919 a Milano del primo fascio di combattimento, adottando simboli che sino ad allora avevano contraddistinto gli arditi, come le camicie nere e il teschio.
    Tuttavia gli sforzi di Benito Mussolini riuscirono a concretizzarsi solo sei mesi dopo il termine delle ostilità, quando un piccolo gruppo di reduci ed intellettuali interventisti, nazionalisti, anarchici e sindacalisti rivoluzionari, si radunò in un locale di Piazza San Sepolcro a Milano, dando vita ai Fasci di Combattimento, il cui programma si configurava come rivoluzionario, socialista e nazionalista ad un tempo.
     
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